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Per illecito ci si riferisce ad una condotta umana in opposizione alla legislazione giuridica, poiché rappresenta la trasgressione di un vincolo o di una imposizione applicata da una normativa giuridica (chiamata primaria), alla quale un altra normativa (chiamata secondaria) associa una punizione.[1] La condotta che rappresenta l illecito può essere commissiva (ovvero un azione), quando infrange una imposizione o un vincolo negativo (di non fare), o anche omissiva (ovvero una mancanza), quando infrange una imposizione o vincolo positivo (ossia di fare o di dare).

Lo scontro tra la condotta e la normativa chiamata primaria possiede il nome di antigiuridicità. L illecito è un fatto giuridico poiché una normativa giuridica associa al medesimo, come effetto, il verificarsi di una circostanza giuridica di carattere soggettivo, la responsabilità, ovvero l obbligo di attenersi alla punizione attesa; si parla dunque di fatto illecito.

Nell attuale legislazione, solitamente, perché si manifesti la responsabilità è utile che la condotta sia intenzionale, di conseguenza l illecito si presenta più dettagliatamente come azione giuridica e, conseguentemente, si parla di azione illecita.

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Ovviamente non scarseggiano pure nella attuale legislazione circostanze di responsabilità a livello oggettivo, in cui gli effetti si manifestano a prescindere dalla intenzionalità della condotta; in siffatte circostanze l illecito non si presenta come azione giuridica ma come semplice fatto.

Va evidenziato che in talune legislazioni le nozioni fatto illecito (per l Italia) e azione illecita (per la Germania e la Svizzera) sono usate pure con un accezione più ristretta, ossia per riferirsi ad uno specifico illecito, quello in ambito civilista extracontrattuale.

L illecito di dissesto fraudolento in ambito societario è stato ritoccato sia perché sono cambiate le fattispecie, peculiarità ed aspetti fondanti degli illeciti societari ricordati, sia perché alcune forme di illecito sono state annullate, sia per la supposizione di un fatto, il fallimento, posto in relazione di causalità con il mandato delle azioni previste.

Il termine dissesto societario(1) fa ormai parte del settore giuridico per evidenziare gli eventi di fallimento fraudolento (art. 223, comma 1) e semplice (art. 224, n. 1), attuati dagli istituti amministrativi (funzionari e liquidatori), dalle direzioni e dagli organi di controllo (i soli sindaci) delle aziende che dichiarano fallimento.

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Comunemente la nozione indica una sottocategoria del dissesto improprio(2), ovvero del dissesto definito, quanto alla persona attiva dell illecito, dal fatto di essere compiuto da soggetti diversi dal bancarottiere, diversi dall industriale commerciale, quanto alla causa materiale, dal fatto di essere connesso ai beni patrimoniali e alle contabilizzazioni di proprietà di persone diverse da quella che ha compiuto l illecito(3).

La nozione dissesto societario si riferisce, altresi, pure ai casi di dissesto fraudolento e semplice, previsti dagli artt. 223, comma 2, e 224, n. 2. L art. 223, comma 2, n. 2, e l art. 224, n. 2, inoltre condannano, per dissesto fraudolento e semplice, gli istituti societari sopramenzionati che abbiano, mediante dolo (o a causa di interventi dolosi) ossia con infrazione dei doveri ai medesimi stabilita dalla legislazione, causato (nel secondo caso pure peggiorato) il fallimento societario.

L art. 223, comma 2, n. 1, condanna, mentre, per dissesto fraudolento e con le condanne di cui all art. 216, comma 1, sempre che venga dichiarato fallimento dell azienda, gli istituti aziendali che abbiano compiuto azioni definite come illeciti aziendali da ordinamenti del Codice civilista. Quest ultimo provvedimento è stato sottoposto all attenzione della legislazione in base alla accettata trasformazione degli illeciti aziendali, stabilita dall art. 11, legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 ( in breve, legge n. 366/2001)(4) ed applicata dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61, effettivo dallo scorso 16 aprile 2002 (di seguito, D.Lgs. n. 61/2002)(5); l art. 11, lett. g) , della legge n. 366/2001 invitava a «rimodellare le normative sugli illeciti da fallimento che chiamano in causa gli illeciti aziendali, stabilendo che la condanna si attui ai soli comportamenti aggiuntivi di illeciti aziendali che abbiano causato o contribuito a causare il fallimento».

La verifica dei cambiamenti arrecati alla conformazione di siffatto crimine (che da adesso verrà denominato dissesto da illecito aziendale) ipotizza diverse analisi sull ordinamento in vigore, principalmente sulla definizione dello stesso approvato in ambito giurisprudenziale. Il dissesto da illecito aziendale nell ordinamento in vigore.

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L art. 223, comma 2, n. 1, nell ordinamento in vigore, presumeva che ai funzionari, ai direttori, ai sindaci e ai liquidatori di aziende che avevano dichiarato fallimento venisse applicata la condanna attesa dal comma 1 dell art. 216(6) qualora avessero compiuto «ognuno delle azioni previste dagli artt. 2621, 2622, 2623, 2628, 2630, comma 1, del Codice civilista».

La definizione nella giurisprudenza (7) e, in parte, quella della dottrina (8) non ammetteva che la normativa presa in esame inserisse una situazione di aggravio degli illeciti aziendali nella medesima previsti e l opzione ricadeva sul carattere indipendente dell illecito, convalidata dalla ritenuta applicazione pure alle medesime azioni di dissesto della situazione di aggravio di cui all art. 219, comma 2, n. 1(9).

La disciplina giuridica più avvalorata valutava la tipologia di rischio presunto(10): considerava, principalmente, presunto l oltraggio degli oggetti giuridici salvaguardati, segnatamente, l interesse dei creditori alla tutela dell incolumità del capitale a livello sociale.

Altra considerazione fondamentale riteneva che, allo scopo dell inserimento del dissesto da illecito aziendale, non era prevista la presenza di una relazione di causalità tra l azione, prevista dalle normative del Codice civilista, e la bancarotta dell azienda(11).

Era tuttavia normale che, per il dissesto da illecito aziendale, venissero imputate azioni (principalmente, informazioni sociali non vere) commesse nel tempo, semmai pure da ricondurre a persone differenti da quelle che, con posteriori azioni illecite, avevano cagionato la crisi finanziaria della azienda(12).